CHIESA DI  SANTA MARIA ASSUNTA

fr. Castelletto di Momo

Nella località esisteva un castellettum già prima del 1201, ma la prima documentazione del castello (fondato dai Cattaneo di Momo) si ha nel 1337; nell’atto di divisione del 1349 relativo ai beni dei Cattaneo è ricordata anche la chiesa di S. Maria, da cui partiva la strada esterna che portava al ponte levatoio. La chiesa era anch’essa una fondazione dei Cattaneo; era coerente ad un forno, a sua volta addossato alla porta meridionale, esternamente alla fortificazione. Non abbiamo notizie relative al secolo XV e a buona parte del secolo XVI; eppure devono risalire a questo intervallo di tempo le pitture ricordate nei documenti cinquecenteschi e di cui resta, quale unica traccia, l’immagine della Madonna del latte sulla parete destra della navata.

Nel 1585, quando il vescovo Speciano la visita, la chiesa risulta antiqua e bassa; è mal coperta e manca di pavimento, mentre le pareti sono prive di intonaco; la situazione è tale da far registrare negli atti che la chiesa mostra capsine magis quam sacri loci formam. La sacrestia, costruita da non molto, è definita angusta; non c’è campanile, anche se è presente una campana; l’altar maggiore, unito al muro, è troppo largo; sono inoltre presenti due altari minori di cui il vescovo ordina la demolizione. Inoltre lo Speciano ordina che la chiesa venga alzata, coperta completamente di tegole piane, pavimentata; che i muri vengano intonacati, la mensa dell’altar maggiore ridotta alla giusta misura, il battistero rifatto; che si chiuda con cancelli di legno parte del cimitero. La casa parroc­chiale è definita inadatta.

Nel 1590 lo stesso Speciano, in una seconda visita, poteva constatare che quasi nessuno degli ordini dati era stato eseguito; in questa situazione egli richiama nuovamente gli impegni e gli oneri ripartiti già nel 1585 fra il curato, i proprietari del luogo (ed in particolare i Cattaneo cui spettava il iuspatronato della chiesa) ed il popolo di Castelletto: se tali ordini non verranno eseguiti entro sei mesi, si dovrà procedere alla chiusura della chiesa. In effetti, negli anni immediatamente successivi dovette aver luogo una parziale ristrutturazione dell’edificio se questo, negli atti della visita del Bascapè del 1595, viene così descritto: a navata unica, sufficiente a contenere la popolazione, coperto con tetto a vista (sub cupis); l’altar maggiore è collocato sotto un emiciclo, e sono presenti anche due cappelle laterali abbastanza ampie e ornate con pitture; non c’è battistero; la sacrestia, piuttosto piccola, è situata a Nord, sotto il campanile; le pareti non sono intonacate, fatta eccezione per alcune parti dove sono dipinte delle figure (parietes rudes figuris quibusdam exceptis). Quest’ultima osservazione degli atti di visita, unita alla presenza riscontrabile ancor oggi del tratto di affresco raffigurante la Madonna del latte di cui si è detto sopra, permette di dire con sicurezza che in questa ristrutturazione furono ampiamente riutilizzate le strutture murarie preesistenti. Se, come è probabile, la sacrestia posta a Nord di cui parla il Bascapè è la stessa (costruita di recente) di cui parlano gli atti di visita del vescovo Speciano, possiamo anzi dire che la larghezza della chiesa non venne variata, né venne minimamente alterato il suo orientamento. Si era invece nel frattempo costruito ex novo il campanile, la cui posizio­ne non venne più variata nei secoli successivi. Assai più problematico è dire se fossero già presenti nella costruzione più antica le due cappelle laterali (la visita dello Speciano parla genericamente di due altari minori): la presenza delle pitture fa pensare ad una situazione forse già da tempo stabilizzata. Il Bascapè ordina di intonacare i muri interni, eccetto che dove vi sono pitture degne di essere mantenute.

L’inventario del 1618 ci fa conoscere, rispetto a questo assetto, alcune modificazioni importanti: viene ricor­dato il vestibolo posto davanti all’ingresso e sostenuto da due colonne, di cui non si aveva menzione nella documen­tazione precedente; l’aula non è più sub cupis ma soffittata; è presente il battistero, e la sacrestia risulta trasportata da Nord a Sud, occupando ora l’ex cappella meridionale; la cappella a Nord è detta dell’erigenda Compagnia della Madonna, mentre è presente la Compagnia del SS. Sacramento concessa dal Bascapè.

Gli atti della visita Odescalchi (1661) ritraggono una situazione pressoché immutata, ma riportano valuta­zioni interessanti che possono servire a chiarire maggiormente la situazione della chiesa. La cappella Nord, della Beata Vergine, è giudicata troppo bassa, antica e ruinosa, tanto che il vescovo ordina di rifarla in forma più elegan­te; l’emiciclo sotto cui è l’altare maggiore è definito antico e angusto e il vescovo ordina di ampliarlo (nonostante le difficoltà dovute al fatto che dà su un giardino privato), allargando anche la via che corre attorno alla chiesa. Queste osservazioni ci fanno propendere ad ipotizzare che il riuso delle precedenti strutture nella ricostruzione di fine ’500 comprendesse anche la zona absidale e la cappella Nord e che in tale ristrutturazione la chiesa sia stata, in sostanza, rialzata e pavimentata. È nominato il cimitero che — come sappiamo da altri documenti — era posto a Sud della parrocchiale. La casa parrocchiale, posta accanto alla chiesa, comprende tre vani inferiori e quattro superiori, con portico e pozzo; la cantina è separata, aderisce al lato della chiesa ed ha superiormente il fienile. Questa descrizione è riscontrabile punto per punto ancor oggi nell’assetto attuale.

Probabilmente il rifacimento che portò la chiesa ad assumere la forma che attualmente possiamo vedere ebbe luogo attorno al 1690. Infatti, negli atti di visita del vescovo Visconti (1689) si colgono riferimenti (purtroppo non espliciti) ad una fabrica in atto e ad un disegno fatto di nuovo cui si dovranno uniformare anche le due cappelle laterali. Anche l’assetto attuale della facciata potrebbe risalire a questa fase o ad un momento di poco posteriore.

Al momento della visita del vescovo Rotario, comunque (1744), la chiesa è coperta a volta; l’altar maggiore è di marmo (certamente quello che si vede ancor oggi), ma il tabernacolo è ancora in legno. Sono poi presenti altri due altari: quello della cappella Nord, dedicato alla Vergine del Rosario, di cui viene fornita una precisa descrizione in tutto riportabile alla situazione visibile ancora oggi, e quello di S. Rocco, nella cappella Sud. La sacrestia (come già nel 1661) è situata a Sud della cappella maggiore, ed ha due finestre verso mezzogiorno. Non c’è ancora l’ossario (che sarà invece presente nel 1758) e sopra l’ingresso della chiesa è dipinta l’immagine della Vergine.

La visita del vescovo Balbis Bertone (1758), sebbene molto più accurata, non ci dà elementi effettivamente nuovi; in particolare, l’assetto interno della chiesa non appare oggi sostanzialmente mutato rispetto a quel momen­to, se si eccetua la diversa sistemazione dell’altare di S. Rocco (ora delle Anime del Purgatorio).

La chiesa era di iuspatronato della famiglia Cattaneo di Proh e, dal 1819, della famiglia Leonardi di Casali­no per il matrimonio della contessa Matilde Cattaneo con il conte Luigi Leonardi (Novara sacra, 1928, p. 162).

Nel 1933 venne alzato il campanile. Di alcuni anni successiva la decorazione pittorica della chiesa, come si può dedurre dalla scritta su una delle lesene della navata: S. Nizza, 1939.

 

Giulia Carpignano dal Volume MOMO CONTRIBUTI PER LA STORIA DI UNA LOCALITA' CHIAVE DEL MEDIO NOVARESE -  Comitato Festaggiamenti Santi Zeno e Tecla 1985